Devo riprendere il precedente post “Stagno #1: Sasso” perché
questa seconda creazione è la sua naturale continuazione, una sorta di seconda
parte.
Anche in questa sequenza ho pensato all’evento che altera la
quiete dello stagno, acqua morta e ferma per eccellenza.
A differenza del violento e irruento evento scatenato dal
sasso, c’è un altro elemento che genera altrettante alterazioni più subdole e
durature: il vento.
Il vento, genera prima increspature, e man mano rinforza,
diventando vere e proprie onde, che nello stagno si propagano altrettanto
velocemente quanto quelle generate dal sasso.
Eppure si tratta di eventi diversi, il vento si fa sentire,
in un certo senso si preannuncia.
L’insistente azione del vento renderà più difficile e in
taluni casi impossibile il raggiungimento dello stato di quiete precedente. Le
acque torbide dello stagno diverranno sempre più scure fino a diventare nere
come il fango dello stige. Le increspature sicuramente, alla fine, si
acquieteranno e tutto o almeno in parte tornerà all’apparente quiete dell’acqua
morta.
Il vento metafora dell’ansia quotidiana che può arrivare a
generare un reazione a catena di eventi
che scuote nel profondo, tanto quanto un evento improvviso, originando
le stesse e funeste conseguenze drammatiche.
Anche in questo caso chi non lo vive (e quindi lo vede dall’alto) vedrà
solo lievi increspature.
Nei tre dischi tre gradi di nero, con increspature
concentriche e fortemente frastagliate: tre gradi di subdola sofferenza.
L'opera è stata realizzata in Gres ad alta temperatura, 1260°C, in fornace a legna; cristallina base cenere e colorazione in ossido di ferro puro; composta da: tre dischi diametro 15 cm, altezza 5cm.
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